Fibrosi polmonare idiopatica: Nintedanib, un inibitore delle tirosin-chinasi, per rallentare la progressioen della malattia
A partire dagli anni 2000 sono stati condotti diversi studi randomizzati, controllati e in doppio cieco, che hanno permesso di analizzare più di 5000 pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica e individuare molecole efficaci per il suo trattamento che, sebbene non siano in grado di curare la patologia, possono rallentarne significativamente la progressione.
Questo consente ai pazienti di avere una aspettativa di vita più lunga e qualitativamente migliore.
Il primo farmaco efficace ad entrare sul mercato è stato il Pirfenidone ( Esbriet ), ora l’arsenale terapeutico si è arricchito con Nintedanib ( Ofev ).
L'Agenzia regolatoria italiana, AIFA, ha riconosciuto la possibilità di utilizzare Nintedanib anche nei pazienti gravi ( con una capacità di diffusione polmonare ridotta fino al 30% ) e nei pazienti con età superiore agli 80 anni.
L’efficacia del farmaco è stata dimostrata da due studi registrativi ( INPULSIS-1 e INPULSIS-2 ) che hanno coinvolto più di 1000 pazienti.
Gli studi hanno dimostrato l’efficacia di Nintedanib nel rallentare l’evoluzione della malattia, riducendo del 50% il declino della funzionalità polmonare. Inoltre hanno dimostrato la capacità del farmaco di ridurre del 47% il rischio di esacerbazioni acute della malattia.
Nintedanib ha dimostrato di essere efficace anche nei pazienti che alla diagnosi si presentavano con concomitanza di fibrosi polmonare idiopatica ed enfisema.
Nintedanib, inibitore di tirosin-chinasi a piccola molecola, rallenta la progressione della malattia, riducendo di circa il 50% il declino della funzionalità polmonare in un’ampia tipologia di pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica ( tasso annuo corretto di declino della FVC: Nintedanib −114.7 ml; placebo −239.9 ml ), tra cui pazienti con malattia in fase precoce ( minima compromissione della funzionalità polmonare, FVC maggiore di 90% del predetto ), fibrosi limitata ( assenza di aree a nido d’ape o honeycombing ) alla TAC toracica ad alta risoluzione ( HRCT ) e pazienti con enfisema.
Gli effetti collaterali di Nintedanib possono essere efficacemente gestiti nella maggior parte dei pazienti e l’effetto collaterale più frequentemente riferito è la diarrea.
Nintedanib ha come bersaglio i recettori del fattore di crescita che hanno dimostrato di essere coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare, soprattutto inibendo il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine ( PDGFR ), il recettore del fattore di crescita fibroblastico ( FGFR ) e il recettore del fattore di crescita endoteliale vascolare ( VEGFR ).
Si ritiene che Nintedanib, bloccando queste vie di passaggio dei segnali coinvolte nei processi fibrotici, rallenti il declino della funzionalità polmonare e la progressione della malattia.
La fibrosi polmonare idiopatica è una patologia respiratoria invalidante con prognosi infausta, con un alto tasso di mortalità, che colpisce ben 3 milioni di persone nel mondo.
L’evoluzione della fibrosi polmonare idiopatica è variabile e imprevedibile, ma con il passare del tempo la funzionalità respiratoria di chi ne è colpito si deteriora progressivamente e in maniera irreversibile.
La malattia causa formazione di tessuto cicatriziale permanente ( fibrosi ) a livello polmonare, con conseguenti difficoltà respiratorie e diminuzione della quantità di ossigeno che i polmoni riescono a inviare agli organi più importanti dell’organismo. Infatti, con il passare del tempo, a mano a mano che il tessuto cicatriziale si accumula e ispessisce, i polmoni perdono la capacità di assumere ossigeno e di metterlo in circolo. Di conseguenza, chi è colpito da fibrosi polmonare idiopatica manifesta dispnea, tosse non-produttiva e spesso ha difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane.
E’ importante che la malattia venga individuata e diagnosticata in fase precoce, ma non è facile arrivare alla diagnosi, il tempo che intercorre tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica è infatti, in media, di 1-2 anni.
Il tempo mediano di sopravvivenza dalla diagnosi è di appena 2-3 anni e questo sottolinea l’importanza di arrivare presto a una diagnosi precisa e il ruolo vitale delle terapie che aiutano a rallentare la progressione della malattia stessa. ( Xagena_2016 )
Fonte: Boehringer Ingelheim, 2016
Xagena_Medicina_2016