E’ corretto l’impiego dei corticosteroidi nell’ARDS persistente ?


L’uso di cortisonici sistemici come terapia base nell’ARDS ( Acute Respiratory Distress Syndrome ), malgrado i miglioramenti dei parametri fisiologici cardiopolmonari, può aumentare il rischio di morte.

Questa la sintesi conclusiva di un importante trial clinico pubblicato dal New England Journal of Medicine ( NEJM ).

Il trial, condotto in doppio cieco negli USA dal National Heart, Lung and Blood Institute, ha trattato 180 pazienti affetti da ARDS persistente ( da almeno 7 giorni ) con Metilprednisolone o con placebo.

Venivano valutati, in vari step intermedi, importanti parametri clinici come i giorni in cui il paziente non veniva sottoposto a respirazione assistita, i giorni liberi da scompenso d’organo, ed i parametri biochimici dell’infiammazione, della fibroproliferazione, e le complicanze infettive.

Tuttavia, lo scopo primario dello studio era quello di verificare se la terapia di base dell’ARDS persistente con steroidi modificasse positivamente la mortalità attesa per questa malattia.

Dopo 60 giorni la mortalità dei pazienti affetti da ARDS persistente e trattati con placebo era del 28.6%, e del 29.2% nel gruppo trattato con Metilprednisolone.

L’evoluzione della malattia a 180 giorni ha portato la mortalità, rispettivamente, al 31.9% e al 31.5%.

L’analisi statistica ha evidenziato comunque che la mortalità è aumentata significativamente nel gruppo trattato con steroidi, tra i 60 ed i 180 giorni, nei pazienti arruolati nello studio 14 giorni dopo l’insorgenza dell’ARDS persistente.
Ciò malgrado che il cortisonico non abbia incrementato le temute sovrinfezioni.
Il gruppo dei pazienti in trattamento con cortisone ha presentato un aumento di quasi tutti i parametri secondari nei primi 28 giorni.

La conclusione dello studio è che non è autorizzato l’impiego di routine dei corticosteroidi sistemici nella terapia di base della ARDS persistente.
Inoltre, lo studio ha messo in guardia circa l’impiego di questi farmaci in modo continuativo nei pazienti che hanno sviluppato l’ARDS da almeno 2 settimane, poiché, malgrado evidenti miglioramenti clinici secondari, si osserva un aumento della mortalità.

La comprensione approfondita del fenomeno sarà utile per capire come meglio impostare le ricerche su una terapia più efficace del placebo per ridurre la mortalità dell’ARDS.

Il NEJM dedica un editoriale a questo argomento dal titolo significativo: “ l’infiammazione polmonare nell’ARDS è un nemico o un amico ? ”.

Non c’è dubbio che il cortisone abbia ridotto drammaticamente l’infiammazione, ma che abbia anche aumentato la mortalità.
Quindi, l’obiettivo della ricerca terapeutica si deve orientare a ridurre, mantenere o addirittura incrementare la flogosi specialmente nei pazienti che hanno sviluppato l’ARDS da almeno 14 giorni ?
Il problema è aperto. ( Xagena_2006 )

Fonte: New England Journal Medicine, 2006






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