Tumore al polmone non a piccole cellule
I tumori del polmone non a piccole cellule ( NSCLC ) rappresentano la principale causa di morte tumore-correlata sia negli Stati Uniti d’America sia in Europa.
In circa il 50% dei casi, tali neoplasie vengono diagnosticate in stadio localmente avanzato o metastatico con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 5%. Tra queste neoplasie, il carcinoma polmonare a istologia squamosa ( SCC ) rappresenta circa il 20-30% di tutti i carcinomi polmonari.
Negli ultimi 5 anni, i progressi ottenuti nell’identificazione di biomarcatori predittivi di risposte, e i rispettivi agenti target, hanno permesso di evidenziare un significativo miglioramento di sopravvivenza dei pazienti con adenocarcinoma trattati con tali farmaci biologici ( ad esempio, Gefitinib, Erlotinib, Afatinib, Crizotinib, Ceritinib, Alectinib ).
Invece, fino a oggi, per i pazienti affetti da NSCLC a istologia squamosa in stato avanzato e/o metastatico, le opzioni di trattamento disponibili restavano limitate, sia dal punto di vista delle opzioni terapeutiche sia considerando i miglioramenti ottenuti.
Attualmente, lo standard per il trattamento del tumore NSCLC a cellule squamose in prima linea rimane il trattamento chemioterapico a base di Platino, senza utilizzo di Pemetrexed, indicato esclusivamente nell’istologia non-squamosa.
Nel setting della seconda linea per la malattia squamosa, per oltre 15 anni, il Docetaxel ha ricoperto il ruolo di terapia di riferimento, sebbene non abbia dimostrato entusiasmanti risultati in termini di sopravvivenza, presentando in aggiunta un profilo di tossicità non-trascurabile, gravato da un’alta incidenza di tossicità midollare.
Nel 2000, sulla base dei risultati di due studi di fase III ( TAX317 e TAX320 ), il Docetaxel fu approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento di seconda linea del tumore al polmone non-a-piccole. I risultati di questi due studi avevano confermato un response rate ( RR ) di poco superiore al 6% e una sopravvivenza mediana ( OS ) intorno ai 6 mesi.
Da analisi successive, l’efficacia del Docetaxel si è dimostrata superiore nei pazienti affetti da adenocarcinoma, comparati con quelli affetti da carcinoma squamoso.
Negli ultimi anni, la combinazione di Docetaxel con nuovi agenti anti-angiogenetici, come Nintedanib e Ramucirumab, ha mostrato un lieve miglioramento di sopravvivenza rispetto al solo Docetaxel, confermando un profilo di tossicità considerevole.
Nello studio di fase III REVEL, che valutava Docetaxel con o senza Ramucirumab un incremento di sopravvivenza globale è stato evidenziato dalla combinazione ( 10.5 vs 9.1 m, HR 0.86, IC 95% 0.75-0.98, p=0.023 ). In questo studio, il 26% dei pazienti presentava istologia squamosa. In tale sottogruppo di pazienti si è evidenziato un miglioramento della sopravvivenza globale, a HR 0.761 ( IC 95% 0.606-0.957, p=0.019).
Nello studio gemello che ha valutato Docetaxel con o senza Nintedanid, il 42% dei pazienti presentava istologia squamosa. Nel sottogruppo di pazienti con tale istologia, l’aggiunta di Nintedanib al Docetaxel è risultata associata a un ridotto beneficio nella sopravvivenza libera da progressione ( HR 0.77, IC 95% 0.62-0.96 ) e nella sopravvivenza globale di HR 1.01 ( IC 95% 0.85-1.21, p=0.891 ).
Sebbene tali risultati confermassero un lieve miglioramento rispetto al trattamento con Docetaxel in monoterapia, non è mai venuta meno la necessità di cercare un trattamento capace di migliorare clinicamente e statisticamente la sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore NSCLC migliorando il trattamento di seconda linea con un profilo di tossicità più sicuro.
Negli ultimi 5 anni, c'è stata una crescita esponenziale delle conoscenze sulla biologia del carcinoma polmonare non-a-piccole cellule, in particolar modo sulle evidenze relative all’interazione tra il tumore e il sistema immunitario. Tali evidenze, hanno mostrato come l’interazione tra PD-1 e PD-L1 giochi un ruolo chiave nella regolazione dell’omeostasi tumorale e della risposta immunitaria alla neoplasia.
La formazione del microambiente tumorale immunosoppressivo e l’attivazione della risposta immunitaria risultano regolate anche dall’interazione tra PD-1 e PD-L1, che presentano differenti caratteristiche necessarie alla regolazione della risposta immune cancro-correlata. In particolare, PD-L1 è espresso in differenti tipi tumorali, incluso il tumore NSCLC, e gioca un ruolo importante nel bloccare la risposta immunitaria antitumorale attraverso il suo legame con PD-1.
PD-1 è un recettore appartenente alla famiglia delle immunoglobuline B7-CD28, normalmente espresso su linfociti dell’infiltrato tumorale ( TIL ), cellule natural killer, cellule mononucleate e cellule dendritiche.
Sulla base di tali evidenze precliniche, molti studi clinici hanno investigato e investigano ancora oggi per valutare e confermare il ruolo degli inibitori di PD-1 e PD-L1, mostrando risultati incoraggianti dal punto di vista sia dell’efficacia sia della sicurezza, nei pazienti con tumore del polmone, in diversi setting di trattamento, in monoterapia o in combinazione con altri agenti.
In questo ambito, Nivolumab è stato il primo inibitore del checkpoint immunitario a essere approvato dall’FDA, EMA e AIFA per il trattamento di seconda linea, dei pazienti con tumore NSCLC in stadio avanzato a istologia squamosa, indipendentemente dall’espressione del PD-L1. ( Xagena_2016 )
De Marinis F, Passaro A, Recenti Progressi in Medicina, 107 (12), 2016
Xagena_Medicina_2016