La conta degli eosinofili permette di migliorare la terapia delle malattie respiratorie croniche


Un esame del sangue potrebbe diventare uno strumento estremamente efficace per guidare le cure in chi soffre di asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva ( BPCO ).
Il test consiste nella conta degli eosinofili, ovvero particolari globuli bianchi il cui valore nel sangue può essere particolarmente utile nei pazienti che soffrono di queste malattie respiratorie.
E’ sufficiente un emocromo con il conteggio delle diverse sottopopolazioni di globuli bianchi.

Questo biomarcatore permette di guidare il medico alla scelta del trattamento più appropriato.

Ci sono evidenze scientifiche che la terapia con corticosteroidi inalatori e beta-2-agonisti a lunga durata d'azione ( LABA ) può ridurre del 29% il tasso di riacutizzazione della BPCO in persone con una quantità percentuale di eosinofili superiore al 2% del totale dei globuli bianchi.

Un altro studio, pubblicato su JAMA ( Journal of American Medical Association ), ha mostrato un effetto positivo tra le persone più anziane per le quali la combinazione tra i corticosteroidi inalatori e gli agonisti beta2 a lunga durata d'azione, rispetto al solo trattamento con i beta2, è risultata associata ad un rischio significativamente più basso di morte o ospedalizzazione per bronco pneumopatia cronica ostruttiva.

Gli eosinofili sono particolari globuli bianchi che giocano un ruolo chiave in corso di malattie allergiche e nel processo infiammatorio, presenti sia nel sangue che in altri organi, come i bronchi o le mucose dell'apparato digerente.
Normalmente hanno una funzione protettiva verso l'attacco di parassiti, che vengono eliminati grazie al rilascio di mediatori infiammatori da parte degli stessi eosinofili.

Studi recenti hanno evidenziato come un incremento anche modesto del valore percentuale degli eosinofili può associarsi a una particolare gravità in corso di malattie croniche a carico delle vie respiratorie.
In quest'ottica la conta degli eosinofili nel sangue consentirebbe di distinguere pazienti a più alto rischio di decadimento funzionale e di riacutizzazione di malattia, e quindi permettere al medico di impostare una terapia più adatta al singolo paziente.
Questo approccio rivolto ad una maggiore appropriatezza terapeutica potrebbe tradursi in minori complicanze per il paziente e a un miglioramento sintomatico. ( Xagena_2014 )

Fonte: GSK, 2014

Pneumo2016